La patrimoniale in agguato nei palazzi della demagogia
ATTENTI AL LUPO di Mario Travaglini

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No, non è Lucio Dalla che canta. E’ la politica . Ed è una canzone che viene ormai eseguita da troppi per non essere verosimile. Le note sono alquanto sinistre. In tutti i sensi. Per il momento il profilo rimane basso ma per via della forte riproduzione di questi ultimi anni e della scarsità di cibo i lupi sono diventati famelici. Divorano qualunque cosa . La domanda che mi pongo da qualche giorno è se mai avranno anche l’impudenza di attaccare il risparmio degli italiani. L’Italia ha la fortuna di disporre di una riserva gigantesca che ad oggi ascende a circa 4500 miliardi di cui circa 1400 disponibili su conti correnti; aggiungendo anche le proprietà immobiliari avremmo un totale di quasi 10.000 miliardi. Se ci fermassimo a considerare la sola parte liquida constateremmo che i risparmi degli italiani sarebbero in grado non solo di coprire l’attuale debito pubblico ma ne rimarrebbero disponibili ancora per 2100 miliardi. Una ricchezza che dovrebbe essere utilizzata meglio per stimolare la crescita del Paese anziché essere presa a bersaglio per tappare i buchi della cattiva gestione delle finanze dello Stato. Infatti non è da oggi che il nostro risparmio è aggredito da un complesso processo di repressione finanziaria i cui strumenti sono amaramente noti : riduzione tendenziale dei tassi nominali, instabilità delle regole fiscali, aumento del prelievo fiscale, condanna a vita al pagamento delle imposte di successione quando quegli stessi beni hanno probabilmente già subito prelievi prima,durante e dopo la vita, senza contare le innumerevoli vessazioni patite dai titolari degli immobili . Il dato statistico che riassume efficacemente quanto sostenuto risalta dalla seguente comparazione : rispetto al 1990, il gettito riferibile alle imposte derivanti dal possesso di beni immobili, mobili e investimenti in strumenti finanziari è aumentato del 408% mentre l’inflazione è salita solo del l’ottantotto per cento. Non si cada, quindi, nel luogo comune secondo cui il risparmio è affare da ricchi e di assimilare i detentori alla gente più fortunata. Non è così perché riguarda in modo particolare quella classe medio-bassa che vive di lavoro dipendente o di redditi derivanti dall’esercizio di piccole imprese ; attaccare il risparmio non significa attaccare i ricchi ma soprattutto quei venti milioni di italiani che non lo sono. La giusta fiscalità non è quella che istiga a prendere al vicino di casa ma quella di incoraggiare al risparmio un numero sempre più vasto di persone. Ecco perché il risparmio ha, tra l’altro, una funzione sociale di servizio pubblico. Esso permette alle banche di non fallire come anche alle compagnie di assicurazione. Pensate per un attimo al caso in cui si dovesse accentuare la tendenza già oggi in atto di un massiccio ritorno alle esportazioni di capitali verso la Svizzera, cosi come ampiamente documentato in questi ultimi giorni dai media : sottrarremmo risorse al nostro sistema creditizio ed assicurativo e, di riflesso, al nostro sistema produttivo con il rischio di far fallire non solo qualche banca, qualche compagnia assicuratrice ed un numero imprecisato di piccole imprese, ma andremmo anche ad alimentare, forse involontariamente, economie che risultano essere nostre concorrenti .

In questo momento cosi particolare, durante il quale le banche centrali di tutto il mondo continuano ad inondare il mercato di liquidità per sostenere l’economia, il risparmio subisce l’ennesima mortificazione attraverso una ulteriore riduzione della remunerazione ormai pari allo zero assoluto. Se a questo si dovesse aggiungere anche un prelievo forzoso sarebbe come prelevare capitale puro e non i frutti che esso produce. Insomma un vero e proprio disastro che avrebbe il sapore di un esproprio di classe . Nemmeno nei periodi post bellici si è osato tanto, così come ha sostenuto Mario Draghi qualche mese fa.

Per corroborare la proposta si tende a teorizzare che l’incremento del risparmio finisca alla fine per penalizzare i consumi. Nel sostenere questa tesi, che in verità contiene anche degli elementi condivisibili, si dimentica che il risparmio cresce in maggior misura quando c’è preoccupazione e incertezza, soprattutto politica, e diviene la risposta automatica di protezione contro i rischi futuri. Risparmio perché ho paura e cerco di mettere in sicurezza il mio domani e quello dei miei prossimi. Di conseguenza non potendo stabilire per decreto che aumentino i consumi e diminuiscano i risparmi diventa necessario creare un contesto virtuoso nel quale il rischio futuro tende a diminuire e la fiducia nelle istituzioni tende, di converso, a crescere. La via mi sembra abbastanza semplice da tracciare ed è quella in cui lo Stato, attraverso i suoi organi rappresentativi, assume comportamenti pubblici consoni e provvedimenti saggi e lungimiranti. Rimanendo alle spiacevoli vicende di questi giorni segnalo che la Germania, senza tanti clamori e squilli di tromba, ha ridotto l’aliquota massima della sua Iva dal 20 al 17% proprio per sostenere i consumi interni, con l’invito implicito ad utilizzare quei risparmi accumulati durante la pandemia. Un segnale eloquente di come si amministra la cosa pubblica e che fa da contraltare alla inconcludenza del nostro esecutivo che per mesi si è autoincensato per aver scongiurato l’aumento dell’aliquota IVA dal 22 al 25% ed aver messo in campo la ormai famosa “potenza di fuoco impressionate” sulla cui efficacia Civiltà Italiana si è abbondantemente pronunziata.

Tirare la giacca o, peggio, mettere le mani nelle tasche di coloro che con il loro lavoro nel tempo e faticosamente hanno messo da parte un gruzzolo nelle più diverse forme di accantonamento significherebbe spezzare il legame che intercorre tra risparmio e investimenti; evitiamo quindi di rompere questa unità ormai consolidata tra la sicurezza che offre ai detentori e la capacità di mettersi al servizio degli investimenti produttivi. In caso contrario la potenzialità di questa magnifica molla rimarrebbe inespressa e la crescita, che dovrebbe essere il vero obiettivo dei nostri governi, verrebbe inesorabilmente frenata.

Prima di chiudere vorrei accennare ad un’altra forma di patrimoniale che da qualche tempo si aggira nei corridoi di palazzo Chigi e che alcuni parlamentari dell’attuale maggioranza stanno studiando : si tratta di un prelievo da operare sulle pensioni. Esso potrebbe essere operato sotto forma di sterilizzazione totale dell’inflazione ovvero con una pura e semplice decurtazione percentuale o, ancora, con un collegamento all’andamento del PIL. In ogni caso sarebbe una patrimoniale senza patrimonio perché andrebbe a colpire in modo postumo il lavoro attraverso il quale è stata costruita la pensione, già, peraltro, a suo tempo tassato con le imposte dirette ed i contributi previdenziali. Sarebbe la soluzione più demagogica e antipopolare di sempre, come lo fu il prelievo sui conti correnti di Amato nel 1992.

Il nome di Amato mi fa tornare alla mente tutti quei mandarini di stato che insieme a lui risultano essere ancora oggi detentori di faraonici assegni pensionistici, ottenuti non già attraverso versamenti contributivi congrui, ma cumulati con sotterfugi mascherati sotto forma di leggi ad personam, estese a tanti sindacalisti ovviamente compiacenti. Qui il taglio ed il recupero del maltolto va fatto senza indugi. Peraltro Civiltà Italiana, sin dalla sua fondazione, propone di porre a seimila euro il tetto anche per le pensioni “regolari”!

Mi piace credere che almeno per una volta i giochi di potere, gli intrighi di palazzo, gli interessi individuali o di partito, spacciati per “interesse supremo dello Stato”, lasciassero spazio a considerazioni responsabili ed atteggiamenti adeguati alla drammatica situazione economica del Paese.

Mario Travaglini

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