Gli errori del Brasile ai tempi del Coronavirus. Il mio Servizio Civile Universale: una finestra aperta sul mondo._________________ di Giulio Gentile

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Gli errori del Brasile ai tempi del Coronavirus.

Il mio Servizio Civile Universale: una finestra aperta sul mondo.

                                                                                                                                      di Giulio Gentile

In un mondo oramai globalizzato, dove le merci viaggiano senza sosta da una parte all’altra del pianeta, dove le informazioni si rincorrono attraverso milioni di canali differenti e dove i movimenti finanziari non hanno modo di rallentare, le risposte socio-politiche all’emergenza Covid-19 sono state tutte diverse, ed ogni nazione ha seguito delle traiettorie sue proprie. Nella stessa Unione Europea, le politiche nazionali hanno dato risposte molto diverse tra loro e con tempistiche spesso discordi. La conclusione del mio Servizio Civile Universale in Brasile ha mostrato chiaramente queste divergenze, questi differenti modi di rispondere alla crisi sanitaria mondiale.

A fine marzo, quasi all’apice dell’emergenza, la Farnesina si è adoperata per riportare a casa tutti i connazionali italiani che stavano facendo cooperazione o volontariato all’estero, ed io ero tra questi. C’è da dire che molti, purtroppo, non sono stati “recuperati” in tempo ed hanno dovuto aspettare svariate settimane, se non mesi, prima di avere la possibilità di rientrare in totale sicurezza.  Il mio progetto a fine marzo stava terminando e, in Brasile, i casi si potevano contare sul palmo di una mano. Il Paese latino-americano di colonizzazione portoghese, per voce del Presidente Bolsonaro e dei vari governatori, si faceva forte allora sia del suo sistema sanitario, sia delle alte temperature che, all’inizio della pandemia, sembrava fossero in grado di rallentare la diffusione del virus. In aggiunta a questo ci si faceva forti dell’età media molto bassa del Brasile, sottolineando la differenza con la nostra Italia che da svariati anni registra un’età media molto avanzata. Per farla breve, il Paese sudamericano sembrava fosse lontano e al sicuro da ogni possibile pericolo. Poco dopo il mio rientro in Italia, però, le cose sono cambiate e se da noi la curva dei contagi ha preso ad abbassarsi in modo costante il Brasile ad inizio maggio era già diventato il secondo paese al mondo per numeri di contagi.

 

Mi sono ritrovato prima di partire a fare lezione in una scuola elementare “per adulti”; ovvero per tutti coloro che, per varie ragioni, hanno abbandonato molto prematuramente il sistema scolastico e oggi vorrebbero recuperare l’istruzione mancata. L’obiettivo era di far scoprire la relazione che sussiste tra la filosofia e la medicina, e mi venivano poste moltissime domande sulla situazione italiana rispetto al virus e su come nel mio Paese stessero vivendo questa crisi. Come è facile immaginarsi, il dialogo, si è ben  presto trasformato in un piccolo campo di  battaglia in cui cercavo di oppormi con determinazione a negazionisti e complottisti. Il tasso di scolarizzazione molto basso, in moltissime zone di questi paesi latino-americani, non permette uno sguardo completamente critico e informato sui fatti. Le attività di cooperazione e volontariato possono aiutare anche in questi momenti critici: in questa occasione anche io, cooperante tra i due mondi, mi sono riscoperto messaggero e mediatore, con la possibilità di offrire un confronto spesso negato. La lezione italiana non è però servita al Brasile che, a causa del suo folle presidente, ha invece deciso di non adottare politiche di contenimento dell’epidemia, sostenendo fin da subito una campagna contraria alla chiusura e negando la forte mortalità del virus. Oggi Bolsonaro si ritrova con un paese in piena crisi, tanto sanitaria quanto economica (mentre scrivo ascolto Mentana alla radio: ci troviamo nella seconda decade di giugno e il giornalista afferma che il Brasile ha registrato nella sola giornata di oggi,  16 giugno, 35 mila nuovi casi in 24 ore arrivando a più di 45 mila morti).

L’Argentina è stato il primo, tra i vari paesi Sud Americani, a cadere e a dover dichiarare default; non tarderanno altre nazioni a trovarsi in questa stessa situazione. più volte durante la giornata, mi ritrovo a pensare a tutte le persone che già prima di questa crisi vivevano in uno stato di forte precarietà e di forte indigenza. Penso soprattutto a tutti i bambini e ragazzini con i quali ho passato il mio ultimo anno, un anno votato completamente alla cooperazione, alla pace tra i popoli e all’aiuto per il prossimo, il diverso da sé. L’ONG per cui cooperavo a Foz do Iguaçu, ovvero la SCNSA (Sociedade Civil Nossa Senhora Apparecida) si è subito adoperata per diffondere informazioni sui pericoli legati al virus, per recuperare fondi e distribuire la famosa cesta básica (un cesto pieno di alimenti a lungo deperimento necessari alla sopravvivenza) a tutte le famiglie più bisognose della città.

Tirando le somme di questa esperienza progettuale non posso che valutarla complessivamente molto soddisfacente e positiva. Mi ripresenterei con ancor più convinzione alle selezioni per il Brasile se potessi svolgere un altro anno di servizio civile, poiché mi ha dato l’opportunità di sentirmi essenziale per una comunità umanamente ricca ma estremamente bisognosa come quella di Porto Meira (il quartiere dove operavo a Foz do Iguaçu). Il mondo ha bisogno di atti d’amore continui, il virus ce lo ha dimostrato. Attraverso questo progetto ho scoperto nuovi strumenti pedagogici, ho avuto modo di “reinventarmi” come insegnante ma anche di prepararmi ad essere futuro padre di famiglia. Ho ritrovato durante l’anno grande fiducia in me stesso e un rinnovato spirito di iniziativa. Sono riuscito a scoprire nuovi luoghi e ad aprirmi nuove finestre sul mondo, conoscendo persone e realtà molto lontane dal nostro immaginario comune. Il servizio civile è un’opportunità tanto per se stessi quanto lo è per gli altri e ha nella nostra nazione delle radici storiche molto forti che con troppa facilità spesso dimentichiamo. La storia non deve rimanere nei libri ma deve essere riutilizzata e ripensata continuamente, a vantaggio del benessere collettivo, un’idea già ampiamente sostenuta da illustri pensatori come Benjamin, Croce, Garen, per citare solo qualche pilastro della nostra cultura.

Voglio ricordare che nello scorso mese c’è stato il recupero della nostra connazionale, Silvia Romano, rapita da un gruppo di estremisti durante il suo periodo di cooperazione in Africa: sappiamo come è andata, il rumore mediatico ha portato un’ondata di odio, sia verso le istituzioni che si sono adoperate per farla rientrare in Italia sana e salva, sia verso la stessa Silvia che ancora oggi subisce minacce, critiche ed insulti (soprattutto dopo aver dichiarato di essersi convertita). Alla scarsa importanza che spesso si da a questi progetti si è aggiunto un flusso di odio incontrollato che, ben lontano dal rappresentare una discussione critica sull’argomento, si è risolto in inutili chiacchiere da bar e superficiali commenti di haters da tastiera.  Bella l’immagine di Mattarella che durante un intervento a Padova (Capitale del Volontariato), elogiando il servizio civile universale, ha messo in chiaro quale per lui dovrebbe essere il compito principale di chi svolge tale servizio. Il compito, ci dice il Presidente, dovrebbe essere quello di ricucire: nell’atto del ricucire, diversamente dal semplice cucire, si ricompongono, con meticolosità, parti che per natura dovrebbero essere giunte.

Questa mia breve pillola vuole servire da sprone a tutti quei giovani che hanno voglia di riscoprire l’importanza di appartenere ad una comunità, che vogliono mettersi a disposizione dell’altro e scoprirsi sotto nuove luci. Con questa esperienza si ha la possibilità di capire l’importanza di essere cittadini tanto attraverso l’impegno politico e sociale a livello locale, quanto di capire l’importanza di essere cittadini del mondo. Queste scoperte si possono fare attraverso molte strade, quella che ho vissuto io è solo una tra le tante ed è stata tracciata dal servizio civile universale.

Oggi  in Italia ci sono delle realtà  che hanno bisogno di noi per superare con slancio questa crisi provocata dalla pandemia. Noi giovani dobbiamo essere protagonisti del presente e capaci di progettare il nostro futuro; essere tanto cittadini del nostro paese quanto cittadini europei e, ancor di più, cittadini del mondo.,

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