Una Città come amica: Aristotele Nietzeche e…Avezzano Commissariata

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Una Città come amica

Aristotele Nietzeche e il Commissario ad Avezzano

– di Pierluigi Palmieri

All’amicizia ho dedicato una mia riflessione dopo il recente Festival della canzone italiana, annunciando la pubblicazione sul nostro sito di uno stralcio di un saggio che ho rintracciato nella mia biblioteca dal titolo Il segreto dell’amicizia e la trasmissione dell’esperienza, pubblicato sullo stesso tema da Raniero Regni nel 2013. Ho rivisitato il suo lavoro e, con il consenso dell’autore,  ne ho estrapolato  alcune parti,   per mettere in evidenza le numerose  “idee forza”  che  coincidono con quelle che, a fronte della caduta di tono della  politica che ci riguarda da vicino, ci hanno spinto a costituire, con  persone che posseggono le potenzialità per agire,  i coordinamenti di Civiltà Italiana. Oggi dopo ripetuti incontri, la condivisione di queste idee è più consolidata e, in reciprocità di intenti per il bene del nostro territorio, siamo pronti a scendere in campo.

Offro la sintesi anche agli “estranei” che avranno la voglia di prendere in considerazione le “ricche” riflessioni di Regni e la curiosità di scoprire il modus pensandi di quelli che sono parte integrante di “Laboratorio Civiltà” nato in Avezzano, non casualmente, come reazione al commissariamento del Comune. Regni ordinario di Pedagogia sociale alla Lumsa, è un accademico sui generis perché con i suoi studenti, e soprattutto con i colleghi, non ha mai assunto l’atteggiamento  spocchioso di quelli che un tempo venivano definiti “Baroni dell’Università”  e, neanche di quelli che, al contrario di lui, non avendo offerto alcun contributo sostanziale alle scienze dell’educazione, alla sociologia, alla  psicologia e alla filosofia, si auto-collocano nella crème de la crème  del mondo accademico.  Proprio in conseguenza dell’amicizia che ci lega, ormai da tanti lustri,  sono stato “costretto” a leggere, spesso anche in anteprima, tutti i suoi libri, che sono decine come pure gran parte dei suoi saggi e dei suoi articoli, che sono centinaia. Con il suo supporto ho potuto pubblicare  i miei testi e i miei saggi, ovviamente di molto più modesti per quantità e soprattutto per qualità.

Sulle prime pagine dei libri di Regni, che ho raccolto in una specifica sezione della mia biblioteca personale unitamente alla corposa produzione di Fabrizio Ravaglioli, mi ha scritto dediche in cui non manca mai il riferimento all’amicizia. A novembre 2019 in occasione della presentazione di Montessori e le neuroscienze scritto con Leonardo Fogassi, uno degli scienziati che ha scoperto i neuroni specchio, ha scritto “A Pierluigi l’amico migliore”. Questa cosa mi inorgoglisce ovviamente soprattutto perché Regni, sa bene quanto sia complesso e articolato il percorso che porta all’amicizia e ha  condiviso con me la fortuna che abbiamo avuto nell’incontrare un personaggio come Ravaglioli, nostro comune maestro anche se a livelli diversi, verso il quale nella parte finale della sua vita, ci aveva accolti nella sua ristrettissima cerchia di amici. L’esito del rapporto con Ravaglioli  ci ha confermato il valore dell’affermazione di Aristotele citata da Regni nel saggio che sto introducendo: “una grande disparità, una grande asimmetria tra gli amici può rendere difficile o inquinare questo sentimento. Eppure non lo rende impossibile. Anzi, forse esiste la possibilità che, ad esempio, tra maestro e allievo, si crei, dopo molto tempo, una forma particolare di amore e di amicizia”.

Nel saggio che prendo in considerazione  ricorre spesso Aristotele (v. “non è possibile essere amico a molti di perfetta amicizia”), ma poi c’è Seneca (v. L’amicizia è nella realizzazione di sé mentre si collabora alla realizzazione dell’altro),  ma anche  Nietzche (v.  “sei uno schiavo? – dice Zarathustra – Allora sei incapace di essere amico. Sei un tiranno? Allora sei incapace di avere amici”), Regni però prende in considerazione  la riflessione di molti altri pensatori di notevole spessore. Mi piace quella di M. Riedel: “non è l’amicizia stessa a venir cantata ma il desiderio ardente da parte di colui che crea di avere amici che creino insieme a lui”. Questo potrebbe essere il motto del nostro Laboratorio Civiltà. Il  contributo di Regni unitamente a quello di Mario Travaglini e di Donatella D’Amico, costituisce la magna pars del libro “Il cilindro nel coniglio” che ha per emblematico sottotitolo “Raccolta di saggi per una politica senza trucchi”. Tutti sanno che considero il testo, che prossimamente presenteremo nella stesura definitiva arricchito contributi di altri  amici, come un traguardo e contemporaneamente una partenza per il movimento che vogliamo  creare insieme. L’amicizia non è compatibile con trucchi si qualsiasi sorta, allora  spendo  un’altra delle citazioni  del saggio di Regni,  quella dell’antico filosofo per il quale l’amicizia  aveva tre elementi essenziali: l’utile, il piacere e il bene: “Gli amici si rallegrano della compagnia reciproca, si aiutano, ma devono anche condividere un impegno comune per il bene”. Tutti abbiamo scritto con piacere i nostri saggi e gli articoli, e continueremo a farlo, nella consapevolezza che ciascuno di essi sarà utile agli amici, che insieme vogliono il bene della Città.  In piena amicizia stiamo spendendo il nostro tempo per offrire un doveroso contributo a sostegno della nostra Marsica. Il migliore auspicio è che il nostro modello possa trovare spazio a livello regionale e, perché no?, possa agire da antidoto alla incoerenza che a livello nazionale sta martoriando il nostro Paese.

In questi giorni di pieno sfoggio elettoralistico, gli aspiranti amministratori di ogni fazione, partitica o civica che sia , dichiarano di voler operare nell’interesse della città di Avezzano. Sono dichiarazioni di facciata di persone e gruppi abituati al cambio di “casacca”. Ma questo è un problema loro. Il vero problema è che con il loro agire egoistico hanno causato l’arrivo di un commissario al Comune di Avezzano. Ergo nel rapporto non sono stati utili alla città, non hanno procurato piacere ai concittadini non hanno agito per il bene.

Il nostro Laboratorio vuole applicare al rapporto con il territorio, la formula di R. Bellah inserita alla fine del testo pubblicato qui di seguito, dove si evidenzia la necessità di unamicizia civica: “l’amicizia e le sue virtù non possono essere solo private, ma devono essere pubbliche imprese collettive per il bene comune”. Allora avvertiamo i futuri gestori della cosa pubblica che noi saremo impietosi con demagoghi e faccendieri e getteremo un… masso nello stagno per dare la sveglia: “Ve lo diamo noi il Commissario!!”. Noi vogliamo essere amici della nostra Città. Firmato Laboratorio Civiltà Italiana.


Il valore dell’amicizia *

                                                                                        di Raniero Regni

Da quando anche i cavalli di Patroclo piangono insieme ad Achille l’amico morto e da quando Cristo dichiara ai suoi discepoli di volere non dei seguaci ma degli amici, e forse anche da prima,  l’amicizia è un valore. Essa illumina la nostra vita e ci lega ad altre persone come solo gli affetti sanno fare. L’amicizia è un valore ma anche un sentimento. Parlare di questo valore-affetto è quasi impossibile. Ricorro ad Aristotele. Per l’antico filosofo l’amicizia  aveva tre elementi essenziali: l’utile, il piacere e il bene. L’utile non dura e se il piacevole è un fondamento migliore per l’amicizia, anch’esso passa e poi l’amico viene amato non per quello che è ma per i vantaggi che procura. Quando questi cessano, cessa anche l’amicizia. Per questo le amicizie sono rare, “non è possibile essere amico a molti di perfetta amicizia”, esse richiedono tempo e consuetudine. Come osserva Seneca, “l’amicizia è necessarissima ma non è in nostro potere”. Non può essere imposta o semplicemente voluta. E’ un dono, una grazia. Anche se molti nostri atteggiamenti possono predisporci ad entrare in amicizia, come altri ce ne possono sbarrare la strada, essa arriva quando vuole Ciò che è comune tiene unito e l’amico è un altro se stesso di cui si vuole il bene. L’amicizia è nella realizzazione di sé mentre si collabora alla realizzazione dell’altro.

Ed è proprio questo reciproco perfezionamento in vista del bene, questo terzo elemento, il vero fondamento dell’amicizia che va oltre i due amici, perseguendo il bene comune e perfezionando la città. La stessa comunità deve essere migliorata ed è avvantaggiata dall’amicizia. Mi sembra che ci sia tutto o l’essenziale per ogni discorso sull’amicizia. Anche il solitario, scontroso, aristocratico Nietzsche esalta l’amico come la festa della terra ed anche il superuomo attende con ansia l’amicizia. E nota che “nell’indovinare e nel tacere l’amico dev’essere maestro”. L’amico è colui che ti conosce e che ti vuole bene, che ti critica perché vuole il tuo bene, ti può apparire anche nemico talvolta perché vuole evitare che tu sbagli. L’amicizia è un valore che ci lega agli altri, è un valore intimo ma non esclusivamente privato: “sei uno schiavo? – dice Zarathustra – Allora sei incapace di essere amico. Sei un tiranno? Allora sei incapace di avere amici”. L’amicizia genera forza. Nell’amicizia ci si addomestica reciprocamente, direbbe il piccolo Principe, ed ad ogni età ne abbiamo un disperato bisogno. L’amicizia è un simbolo, ovvero la migliore espressione possibile per dire qualcosa di sconosciuto. L’amicizia è custode del segreto, si basa su molte cose dette e condivise ma su altrettante non dette e proprio per questo ancor più condivise. L’amico conosce i segreti, quelli che gli hai rivelato come quelli che non gli hai rivelato. Il segreto dell’amicizia è l’amicizia del segreto. Uno degli aspetti più penetranti della geniale analisi aristotelica è la componente che potremmo definire politica. Noi conosciamo anche troppo bene l’amicizia politica che per certi versi è l’opposto della politica dell’amicizia. L’amicizia politica mi fa pensare nella maniera più spregiudicata che il nemico del mio nemico è mio amico. Ma questa è appunto la negazione dell’amicizia e forse anche della politica. Qui l’amicizia diventa un disvalore perché si fa ingiusta. I compagni di partito, anche quando si chiamano amici, sono parte di una macchina da guerra che antepone gli interessi di parte a quelli collettivi, strutturalmente. E’ la politica degli amici. L’amicizia politica è la politica di chi privilegia gli amici, una politica del privilegio e della corruzione, quella che ha portato ad aristocrazie senza merito come se ne conoscono molte nella storia recente.

Seguendo la suggestione di Aristotele e parafrasando quello che il suo maestro Platone scrive a proposito dell’amore, un esercito di amici sarebbe imbattibile come una città di amici sarebbe forse la migliore che si possa immaginare. Come dice un antico adagio, da soli si va più in fretta, insieme si va più lontano. Una politica dell’amicizia sarebbe possibile solo nella libertà e nel rispetto reciproci che l’amicizia comporta. Ciò che è comune tiene unito e l’amico è un altro se stesso di cui si vuole il bene. L’opposto di un amico è un adulatore. Si ama e si vuole il bene del proprio amico, ma si vuole elevare il proprio standard morale volendo il bene del proprio amico. Ed è proprio questo reciproco perfezionamento in vista del bene, l’amicizia secondo virtù, il vero fondamento dell’amicizia che va oltre i due amici perseguendo il bene comune e perfezionando la città, la stessa comunità. Secondo R. Bellah, oggi anche nell’amicizia domina prevalentemente l’elemento dell’utile e del piacevole, mentre l’elemento morale viene meno. Egli parla della necessità di un’amicizia civica: l’amicizia e le sue virtù non possono essere solo private ma devono essere pubbliche imprese collettive per il bene comune.

 Raniero Regni

* Estratto da  A. De Dominicis (a cura di), Amicizia e professione. Contributi al dibattito sul sociale, Edizioni Del Faro, Trento, 2013, pp.119-137 -Rivisitazione di P.L.Palmieri)



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