Il ministro “Re Tentenna” ama il disordine mentale e i bambini “veri” al Parco disturbano la “quiete” sindacale

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Mentre il disorientante  decreto scuola  non offre certezze

 

Il ministro “Re Tentenna” ama il disordine mentale

e i bambini “veri” al Parco disturbano la “quiete” sindacale

 

di Pierluigi Palmieri

Ad anno scolastico pressoché concluso,  è triste leggere sulle prime pagine dei giornali che l’iniziativa di un’insegnante, andata la settimana scorsa con la sua classe in un parco per  “leggere le favole” ai suoi bambini, è stata stigmatizzata  da uno pseudo sindacalista. A suo parere, la maestra avrebbe  messo in cattiva luce le colleghe, che ligie alle istruzioni ministeriali hanno continuato a praticare, anche per i più piccoli, la didattica a distanza (DaD), la brillante idea “azzoliniana”.

Nei loro  articoli di fondo firme del calibro di  Galli della Loggia e Gramellini  sul Corriere della Sera e  Sallusti su Il Giornale, hanno gridato allo scandalo per l’atteggiamento dello sprovveduto “tutore” dei docenti, attribuendo al comportamento dell’insegnante Francesca di Prato la giusta valenza taumaturgica rispetto alle claustrofobica proposta ministeriale. All’apprezzamento per l’insegnante e alla ovvia condanna per la sciocca reazione del sindacalista, sento l’obbligo di aggiungere alcune  considerazioni  sulle clamorose “toppate”  dell’attuale  Ministro della Pubblica Istruzione.

Non stiamo qui a ripetere le nostre tempestive considerazioni riportate sul sito di Civiltà Italiana sin dal momento del lancio” della DaD. Ma è doveroso ricordare  che agli alunni del primo ciclo, ai loro genitori e agli insegnanti, l’uso esclusivo della tecnologia informatica ha comportato condizionamenti e limitazioni che, in tantissimi casi, ne   hanno stravolto  il regime di vita. I burnout si sono moltiplicati a tutti i livelli, scuole superiori incluse.

Ma proprio ai bambini della prima infanzia, che attraversano il periodo più intenso e delicato del loro sviluppo psico-fisico, sono state imposte per mesi, forme restrittive in termini di spazi e privative dell’esperienza  diretta con i loro pari. E’ venuta meno la possibilità  di esplorare il mondo che li circonda per assorbire immagini e suoni per trasformarli gradualmente, attraverso il gioco, nel proprio linguaggio del corpo . I reiterati inviti alle insegnanti di mettere i bambini in contatto virtuale tra loro sotto l’inedita intermediazione “tecnologica” dei genitori, hanno provocato una sovrapposizione di ruoli e un disorientamento che è esattamente l’opposto di quanto sin dai tempi di Friedrich Fröbel  si vedeva nel Giardino d’infanzia il luogo privilegiato in cui tutti i soggetti dell’educazione sperimentano la partecipazione comunitaria. Negli appositi spazi all’aperto si esalta  la  cooperazione tra bambini, educatori e, in alcuni momenti, tra questi e i genitori e si distinguono i rispettivi ruoli e, come anche nella Casa dei bambini montessoriana, l’ambiente “particolarmente adatto” svolge un ruolo centrale.

Dovremmo ripartire proprio dalle osservazione di Maria Montessori sui periodi sensitivi del bambino nei primi anni di vita, che hanno trovato riscontro, in tempi recentissimi, nelle neuroscienze dalla Levi Montalcini e dai suoi successori, fino a Rizzolati e Fogassi, con l’individuazione dei neuroni specchio. Il movimento, il linguaggio, l’ordine e perfino l’amore mettono le loro radici e si creano nella prima infanzia tramite l’insostituibile relazione con gli altri e nell’ambiente giusto, che lo schermo di nessun  computer, anche se considerato “giocattolo”, riuscirà mai a ricreare. Anche le immagini virtuali raggiungono i neuroni specchio ( che fanno comunque il loro lavoro:  fanno vivere l’azione di un altro come se fosse la nostra) e alla fine consolidano nella mente del piccolo bambino un sistema di lettura della situazione che  lo porta ad identificare il mezzo di trasmissione con la persona che appare sullo schermo. Un esempio per tutti: una bambina  che durante una video chiamata  viene invitata a “mandare un bacio” , bacia il telefono poggiandovi le labbra. Il viso del padre o del nonno viene sostituito dall’oggetto e se nei periodi sensitivi questo meccanismo non viene corretto si consolida e nella vita adulta il disorientamento sarà inevitabile. Solo la presenza fisica in un ambiente naturale fatto di cose vere può suscitare empatia e preparare il bagaglio prezioso per il viaggio verso la vita adulta. Su queste basi poggia l’attività educativa delle tante “Francesche” che lavorano nella scuola. Tutto ciò dovrebbe essere pane quotidiano al ministero dell’istruzione e nelle sedi degli pseudo-sindacati, ma anche delle tante menti che si affaticano a preparare piattaforme sostitutive della didattica in presenza. Quasi quasi, in contrasto con la proposta provocatoria di Salusti che vorrebbe la maestra Francesca come Ministro, mi viene da dire che è bene che l’Azzolina resti in Viale Trastevere, perché se smette le vesti del Ministro rischiamo di ritrovarcela a dirigere una scuola con bambini “veri”. Sul campo provocherebbe   danni maggiori rispetto a quelli , al momento incalcolabili, derivati dalle decisioni strampalate partorite  pressoché quotidianamente in disinvolta contraddizione con se stessa e commentate in estemporanea, come un ridicolo  “Re Tentenna” che vuole mostrare sicumera . Ora con il decreto Scuola di Giugno, dopo aver annunciato gli esami on-line per la maturità, si introduce il plexiglass per il distanziamento degli studenti e in Commissione alla Camera dei deputati Patrizio Bianchi, il coordinatore del suo Comitato  esperti, proclama la fine delle classi definite una “microcomunità senza senso” e riconosce che “bisogna fare attenzione a non caricare troppo sui singoli insegnanti” e che “ bisogna dare gli strumenti anche emotivi” ed infine  “non si possono lasciare i singoli insegnanti con un carico così” . Questa è la conferma che il Ministro ha “toppato”, ma  l’attento  prof. Bianchi avrebbe dovuto coniugare il verbo  all’imperfetto, termine peraltro molto adatto al suo Ministro,  (leggasi “bisognava” al posto di “bisogna”!). Per quanto riguarda l’invito a non lasciare gli insegnanti  con un carico “così”, Bianchi dovrebbe rivolgersi direttamente a quei dirigenti che non dormono la notte per trovare il modo di tenere impegnati gli insegnanti anche dopo la chiusura di questo stressante e tormentato anno scolastico e pensano addirittura di ridurre il periodo di fruizione delle ferie estive.  Lo stesso esperto contribuisce ad aumentare la confusione quando, al fine di eliminare le “classi pollaio”, parla di superamento del criterio demografico per formare proprio quelle micro-comunità che definisce senza senso, e non accenna alla revisione dell’organico cosiddetto di diritto, su cui si baseranno le immissioni in ruolo per il 2020, che viene definito in ragione di 27-30 di alunni per classe.

C’è solo da sperare  che dall’analisi del nostro disorientamento qualcuno  riesca ad individuare la cura gista per il… disorientamento?

 

Pierluigi Palmieri

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