Italia, poveri triplicati: sono l’8% della popolazione

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20 luglio 2017

Osservatorio Lavoro

Il numero di italiani poveri che non arriva alla fine del mese è triplicato dal 2006 a oggi: non sorprende dunque che nel frattempo sia cresciuto il sentiment di anti politica, anti establishment e anti euro. Secondo una ricerca dell’Istat 4,74 milioni di cittadini italiani non si possono più permettere standard di vita decenti. Dieci anni prima erano 1,66 milioni.

Si parla di persone che vivono sotto la soglia di povertà assoluta. L’effetto di una duplice recessione si è fatto sentire con particolare intensità nel sud. L’Istat riporta che il numero di poveri assoluti – quelli che con il reddito e i risparmi a disposizione non riescono a comprare un paniere di beni e servizi di prima necessità è aumentato di oltre 3 milioni dal 2006 al 2016.

Si tratta del 7,9% della popolazione. Da decenni l’Italia deve fare i conti con tassi di fertilità bassi – 1,35 bambini per ogni donna contro la media di 1,58 dell’Unione Europea stando ai dati del 2015, l’ultimo anno in cui sono disponibili dati per tutti i paesi del blocco a 28.

Intanto un’indagine della Commissione Europea sui livelli di occupazione rileva che i giovani italiani escono dal nido familiare e fanno figli fra i 31 e i 32 anni, più tardi rispetto a una decina di anni fa e molto dopo la media Ue, che si arresta intorno ai 26 anni. Il rapporto sulla povertà dell’Istat spiega bene come mai ci siano sempre meno neonati in Italia: “È inutile chiedersi perché in Italia nascono sempre meno bambini… ce lo spiega oggi l’Istat: fare un figlio significa diventare poveri“.

Sembra insomma che in Italia “i bambini non siano visti come un bene comune”, mentre al contrario servirebbe una “fiscalità” che tenga conto dei componenti familiari e del problema di povertà e nascite, in un Paese a nascita zero si dovrebbero incentivare le nascite, non mettere le famiglie nella condizione di impoverirsi per la nascita di un figlio”.

Le proposte avanzate da Civiltà Italiana, vanno tutte nella direzione della valorizzazione della famiglia come forza centrale di uno Stato attento e presente, affinchè ogni famiglia sia facilitata nell’acquisto della casa e nella possibilità di educare i figli e tutelarne la salute, con aiuti economici progressivamente crescenti in base al numero ed al reddito, in modo da evitare che entrambi i genitori siano costretti al lavoro e non abbiano il tempo per l’educazione dei figli fino al compimento della maggiore età.