Teramo isolata in una Regione Staterello

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di Marcello Martelli

( Il decano dei giornalisti manda segnali allarmanti di inerzia politica)

SENZA OSPEDALE? UNA CITTA’ MORTA

FRA DUE CATTEDRALI NEL DESERTO

Dall’ex stadio comunale dismesso nel centro storico all’ex Mazzini di Villa Mosca: sul quotidiano “La Città” una riflessione su un disegno sbagliato e suicida, mentre si sta provando a riportare pezzi dell’Universita da Colleparco in città. Per fermare il “suicidio” si pensa a un referendum, ma gli ostacoli burocratici non mancano e sono tanti. I cittadini che lo vogliono sono anche numerosissimi e non mollano la presa, nel tentativo di superare ogni ostacolo. Vedremo. Intanto, una riflessione: il referendum non doveva promuoverlo chi il nuovo ospedale lo vorrebbe fuori città, in zona ritenuta inadatta? Non era opportuno raccogliere l’opinione dei cittadini, prima di avviare in sordina l’iter della pratica che azzera il complesso di Villa Mosca? Oppure, chi guida la baracca può fare e disfare liberamente, incurante del pensiero della collettività? O deve essere la comunità dei cittadini ad interpellare se stessa con il referendum, magari per essere bloccati dai soliti cavilli burocratici? Speriamo che ai concittadini non capiti ancora ciò che, nel centro storico, hanno già visto con la mummificazione del vecchio stadio comunale, ormai monumento perenne all’Immobilismo e alla Pelota. Mentre dalla collina di Villa Mosca vedrebbero sparire il glorioso “Ospedale Mazzini” dell’Italia della ricostruzione e di De Gasperi. Proviamo a immaginare un po’ che tipo di città futura verrebbe fuori dalla coppia dismessa e un tempo centri di forte aggregazione sociale: uno imbalsamato in basso (l’ex stadio) e l’altro in collina (l’ex ospedale), due “cattedrali” abbandonate, che nel deserto della città morta si contemplerebbero a vicenda, dall’alto in basso. Comunque, il danno in parte è già fatto. Visto che ormai, non solo Piano d’Accio, anche altri cominciano a reclamare un ospedale “sotto casa”. Questo per aver fatto passare l’idea che togliere e trasferire una storica struttura ospedaliera dalla città-capoluogo è possibile e anche facile, nonostante sia un secolare e riconosciuto punto di riferimento della Salute pubblica, con la sua storia e il suo passato. Ma che importa? Piano d’Accio oppure a 10/20/30 km più qua o più là, è lo stesso. Le radici, la storia a che servono in tempi di genitore 1 e genitore 2? Basta far passare l’idea e un giorno non lontano andremo a piantare cocomeri anche fra le ghiacciate e impervie rocce del Gran Sasso.

NELLA REGIONE-STATERELLO
DI UN ABRUZZO A DUE VELOCITA’

Abbiamo capito: siamo in una Regione-staterello a due velocità. E oggi, con ammirazione, vorremmo rendere omaggio a quella ad Alta Velocità sulla linea Pescara-L’Aquila. Dove si progetta e si lavora. Con il capoluogo regionale che, rialzandosi dalle macerie del terremoto, si accinge a laurearsi “Capitale della Cultura”, con l’auspicio e gli auguri di tutti gli abruzzesi. Mentre, sulla sponda adriatica, si realizza il sogno della Grande Pescara, come dai disegni di illustri pescaresi-sognatori di ieri e oggi. Finalmente, si muove qualcosa, anche fra il Gran Sasso e l’Adriatico, dove non si riscrive la carta costituzionale, ma la geografia sì. Con Chieti e Teramo, capoluoghi fermi e in disarmo che, nelle retrovie, osservano e arretrano. A tenerli a bagnomaria non sarà la Costituzione, ormai obsoleta e superata, ma la “Grande Pescara” e la “Carta dell’Aquila”. Quest’ultima in particolare, valida per l’Abruzzo in “at bay”, il nostro, visto che si tratta di un “Manifesto delle città delle aree interne”. Sì, anche la nostra, per sollecitare “il legislatore nazionale a intervenire per dare nuovo impulso ad asset strategici di realtà che quotidianamente pagano il prezzo di problemi legati all’orografia dei territori o alla complessità di politiche di rinascita a seguito di calamità naturali”. Sì, siamo noi! Visto che nella Regione-staterello abbiamo perso i connotati e il ruolo di capoluogo. Siamo soli e per sapere cosa fare, basta chiedere agli amici aquilani, visto che, senza leaderchip né una bussola, si rischia di perdere persino il diritto di cittadinanza. Per meritare almeno il passaggio da blasonato Capoluogo aprutino ad Area anonima e tranquilla delle zone appenniniche. Per attivare connessioni virtuose nella Regione-staterello a due velocità. Dove l’Abruzzo con il freno tirato, il nostro, possa diventare punto di riferimento delle comunità dell’Italia ‘in discesa’, che quotidianamente sono alle prese con una sfida persa, che si chiama spopolamento e declino.

 LA MULTA DEI VIGILI URBANI

E’ PIU’ VELOCE DEL VIRUS

E SENZA IL VACCINO DELLA “URBANITA’”
Anche per scrollarsi un po’ la pesantezza della pandemia, approfittando di una bella giornata di sole, può succedere l’imprevisto, munito di mascherina e rispettoso delle regole di sicurezza. Ma non basta. Entro nel solito negozietto di via Gasbarrini per ritirare la spesa, soddisfatto che, in tempi di pandemia e di clausura, anche fare la spesa diventa un premio. Per staccare un po’ dalla monotonia delle mura domestiche. Attenzione, però! Fuori casa c’è il rischio del virus, ma non finisce lì. Per capirlo, basta entrare ed uscire dal negozio abituale, lasciando pochi minuti l’auto in sosta davanti alla porta del tuo fornitore, per trovarti addirittura alle prese non con uno, ma con tre vigili urbani! Uno sta scrivendo il verbale e non si ferma neppure quando confermi che sei in sosta da pochi minuti. Senza intralciare il traffico e prontissimo a togliere il disturbo. Il vigile continua a scrivere, facendo finta di non ascoltare, e notifica la multa seduta stante: 29,40 euro entro quattro giorni, che diventano 42 subito dopo. Scopro così che in città abbiamo vigili scattanti e solleciti, persino in presenza del “reo” che prova a commettere una infrazione ed è pronto a spostare l’auto. La pattuglia non perdona e con una inflessibilità che mal si concilia con la pesantezza di questa pandemia, cui stiamo pagando un prezzo altissimo di stress e sofferenze. Ma c’è chi, taccuino alla mano, lo dimentica per aggiungere una penalità a chi ha avuto la cattiva idea di interrompere la clausura per portare cibo a casa, approfittando di una mattinata di sole. Una esperienza inattesa, per rimpiangere altri tempi e altri vigili. Come quella volta che arrivammo sulla piazza principale di Saint Moritz, splendida capitale del turismo, e alla nostra auto si avvicinò subito un signore in divisa. Aspettavamo una contestazione, ma il “pizzardone” aveva capito subito il nostro problema e ci accompagnò fino al parcheggio, augurandoci buone vacanze. Quel signore era un vigile urbano (e sottolineo urbano) di una importante città turistica che rispettava i turisti. Noi viviamo dove il turismo non c’è e forse non ci sarà mai, se il

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