LA RIVISTA Della Domenica

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Perché l’economia ha bisogno di un’etica

by Mario Travaglini

Qualche amico, lettore di Centralmente Rivista della Domenica, rimasto insoddisfatto delle spiegazioni verbali,  mi ha chiesto di voler chiarire il significato del titolo della  mia rubrica Valore e Valori ( https://centralmente.com/rivista/ ) Provvedo volentieri partendoda un presupposto difficilmente confutabile : la forma dominante dell’economia è diventata ormai il capitalismo finanziario. La finanza oggi è concepita come manipolazione dei segni  e consiste, in sostanza, a compiere l’operazione magica di sostituire la concezione dell’infinito a quella tangibile del finito. Con parole più semplici: si tratta di spingere il limite dell’accumulazione sempre più in alto, fino a dare la sensazione che esso non esista più, giustificando operazioni sempre più spericolate spesso al di fuori delle regole scritte ed anche delle consuetudini dell’economia tradizionale.

Non è il caso che mi soffermi sul concetto del “limite” in quanto il lettore potrà facilmente accedere in altra parte della rivista alla rubrica tenuta dal Prof. Regni e leggere le sue magistrali considerazioni in  merito. Più interessante è invece constatare come il capitalismo finanziario sia finito per diventare un moderno sotto prodotto della logica di borsa soprattutto a causa del fatto che le Banche Centrali, rimaste impigliate nella rete delle transazioni a forte rischio, ne sono prima divenute prigioniere e, alla fine, ostaggio.

La storia del pensiero economico è segnata da una serie di tappe che definirei “civilizzatrici”, nel senso che ciascuna di esse ha influenzato la cultura e la vita sociale dei popoli. Potrei anche aggiungere che ogni tappa del capitalismo è riconoscibile per l’apporto che ha dato nel modificare il significato di valore ed anche i comportamenti conseguenziali dei consumatori. All’inizio esso era determinato facilmente perché misurato con il lavoro incorporato in un bene o in un servizio, successivamente dalla utilità che quel bene o quel servizio erano in grado di rendere. In un momento ancora successivo la nozione  di valore ha dovuto assorbire un ulteriore fattore: quello della rarità. La teoria economica ci ricorda, infatti, che  il piacere di consumare un bene è dato non solo dalla quantità consumata precedentemente ma anche dalla difficoltà che si ha nell’ottenerlo. L’epoca attuale si caratterizza, contrariamente alle tappe precedenti, per un complesso processo evolutivo che tende a disancorare il valore dal bene o dal servizio per legarlo alla valutazione soggettiva della persona. Un processo attraverso il quale le élites, avendo compresoche il calcolo del valore è divenuto instabile, se non addirittura frivolo, fanno uso di tutti i mezzi per poterlo gestire a loro piacimento e per i loro interessi. Molto spesso si tratta di  tecniche di marketing subliminali che puntano a toccare i desideri più intimi del consumatore/investitore al fine di modificare la domanda ed alzare quindi artificiosamente il valore del bene. Così, fino ad un decennio fa, uno strumento finanziario (azioni, obbligazioni, etc.) era valutato per il suo rendimento e per i cosiddetti fondamentali, ossia lo stato di salute dell’azienda di cui era espressione, mentre oggi tutto questo non interessa,  importa più nulla, il suo valore intrinseco non segnala un accidente tanto  che può essere anche zero; ciò che importa è che i buoi partecipino al gioco, alla lotteria della borsa ed abbiano la sensazione che non esistano limiti al guadagno. Se, in economia, il valore non è dunque ancorato né al concetto di bisogno né al lavoro necessario per la produzione significa che esso viene imposto da coloro che guidano il gioco e dai loro chierichetti come Goldman Sachs, J.P. Morgan ed altri. Il caso della “Super Lega” di questi giorni ne è un chiaro esempio.

Con questo,caro amico, mi sembra di aver detto tutto.

Mario Travaglini

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